Medicina Narrativa: la narrazione come strumento di cura, anche nel linfedema

Ci sono malattie più o meno gravi, ci sono situazioni più o meno importanti, ma quando ci sono malattie severe, a volte invalidanti, a volte croniche, è facile che ci sia una percezione da parte della persona di una rottura. Come se venisse interrotta la continuità esistenziale.

 

L’Istituto Superiore della Sanità nel 2015 ha emanato le linee di indirizzo per l’utilizzo della Medicina Narrativa in tutti i luoghi dove si curano delle malattie. Ha definito la Medicina Narrativa una metodologia d’intervento clinico-assistenziale perché la narrazione può essere considerata una strategia di cura anche nel caso del linfedema. Il paziente quando si sente ascoltato vive un’esperienza di connessione e di cura.

Cercati maggiori approfondimenti sulla Medicina Narrativa? La Dott.ssa Nicoletta Suter, responsabile della Formazione al Cro di Aviano ed esperta in Medicina Narrativa, nonché docente del prossimo corso gratuito ALL con focus su questo argomento, approfondisce gli aspetti più risaltanti della narrazione applicata all’ambito della salute.

Cosa accade quando ci si ammala?

Il tempo della vita viene messo da parte e inizia il tempo della malattia, quindi della diagnosi, del trattamento, della riabilitazione e molte volte, in queste interruzioni, la persona fa fatica a orientarsi.

Anche lo spazio cambia. Prima era quello famigliare. Ci sono persone che si spostano anche migliaia di chilometri. Lo spazio non è più quello famigliare, lo spazio è quello dell’ospedale, degli ambulatori.  L’orologio c’è l’abbiamo per orientarci nel tempo, ma nessuno ci dà una bussola per orientarci nello spazio.

Anche il corpo subisce grandi trasformazioni

La bestia, il drago, il diavolo: queste sono le metafore della malattia. Tante metafore che ci dicono che qualcosa dentro non va più bene.  E allora si converte in un campo di battaglia laddove dobbiamo lottare per vincere una determinata guerra.

Anche il linguaggio si altera. Quando la malattia produce i suoi effetti non si trovano più le parole da dire. Siamo in silenzio, perché magari le parole cancro, chemioterapia, dolore sono parole che fanno male, perché, ogni volte che le sentiamo, queste parole trasmettono in maniera viscero-somatica qualcosa che crea una percezione di dolore.

Quindi il paziente può sentire una frattura tra quella precedente e quella attuale.

A cosa servono le narrazioni?

Le storie sono importanti perché narrando facciamo un’operazione cognitiva ma anche emotiva che permette di dare ordine e aggirare qual caos di pensieri attraverso un canovaccio che si crea tramite la narrazione.

La narrazione aiuta a prendere consapevolezza, a ritrovare le parole per dare un nome a quelle esperienze, a rimettere insieme i frammenti del tempo, dello spazio, del corpo; a creare un ponte tra quello che è stato, che è, che potrà essere. In qualche modo, a ritrovarsi.

La narrazione non è solo quella orale, può essere scritta, può essere la pittura, la danza, il disegno. È un tentativo di trovare parole o anche forme, perché qualcosa che ferisce può, essere nominato di nuovo e il disordine si ricompone ed è possibile tradurre anche la narrazione al congiuntivo.

Narrare al congiuntivo vuol dire narrare la possibilità, quello che potrà accadere da questo momento in poi, anche domani.

Allora, occorrono storie che modificano lo sguardo, la postura, che ci aiutano a sviluppare una competenza: quella di saper accogliere i racconti, quindi riconoscere, assorbire, interpretare le storie e farci muovere da questa storia, perché dentro le storie delle persone ci sono un sacco di indicazioni, per esempio per rimuovere la cura.

Inoltre, inserire l’ascolto della narrazione nella relazione di cura migliora anche la pratica clinica.

Le narrazioni servono ad armonizzare il comportamento per la sopravvivenza di un gruppo. Sono una strategia narrativa dell’individuo ma anche dalla comunità. Quando noi raccontiamo è come se creassimo una mappa con dei punti di riferimento per orientarci nella vita, nell’esperienza che stiamo vivendo e per dare un senso a questa esperienza.

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