Linfedema ultima frontiera

Più volte ci è capitato di parlare della ricerca medica riguardo al linfedema. Spesso ci si è soffermati sulla sua importanza, sulla sua cronica necessità di supporto – economico e non, sugli sforzi delle piccole entità locali per ottenere importanti sviluppi. Ma quali sono gli effettivi risvolti sul linfedema stesso? Ci sono stati effettivi passi avanti nella terapia del linfedema? In effetti, la ricerca ha prodotto qualche risultato potenzialmente interessante riguardo nuovi metodi di terapia, di cui forniremo una semplice panoramica.

La BodyFlow Mild Electric Stimulation (letteralmente “leggera stimolazione elettrica attraverso il corpo) consiste nello sfruttare le proprietà dell’elettricità sulla muscolatura liscia e il sistema linfatico stesso.

Attraverso l’applicazione di elettrodi, una leggera corrente elettrica viene applicata nell’area interessata, cambiando il gradiente di pressione sul derma e favorendo l’assorbimento della linfa. Ovviamente, l’utilizzo dell’elettricità non permette l’usufrutto di questa terapia per chi ha un pacemaker o un defibrillatore interno o per le donne incinte. Inoltre, è vivamente sconsigliata a chi ha uno storico trombosi vascolare, ha un cancro attualmente in cura o altre infezioni attive. Un altro apparentemente promettente metodo di gestione è la terapia a oscillazioni profonde.

Collegato a uno specifico macchinario, il terapista specializzato massaggia l’area interessata. Esercitando la pressione, la mano del terapista diffonde la vibrazione suscitata dall’elettrodo a cui è connesso; queste vibrazioni penetrano in profondità, fino a 12 centimetri, aiutando a ridurre infiammazioni di diversa natura, tra cui, ovviamente, anche l’accumulo di linfa.

Il processo è notevolmente meno stressante per i tessuti rispetto a un massaggio profondo e, inoltre, è estremamente rilassante per il paziente stesso. Ancora una volta, pazienti con pacemakers, ipersensibilità ai campi elettrici e donne incinte dovrebbero evitare questa terapia. Inoltre, anche la presenza di infezioni acute, malattie vascolari (ad esempio la trombosi citata in precedenza) e cancro in fase di cura dovrebbero far escludere questa metodologia.

A ultimo, la Physiotouch conclude questa brevissima rassegna. Delle ventose, collegate al macchinario, vengono accuratamente poste sull’area colpita da edema; viene, quindi, esercitata una pressione dalle ventose stesse sulla pelle e, di conseguenza, sui fluidi sottostanti. Una volta rilasciata, i fluidi tendono a circolare meglio per l’effetto della pressione sui canali linfatici.

Questa terapia è sconsigliata ai cardiopatici, a chi ha problemi di malattie vascolari, infezioni croniche e cancro in trattamento. Inoltre, una attenzione particolare deve essere data per gli ultrasesstantenni che hanno necessità di applicazioni nell’area del collo.

Sebbene queste nuove terapie possano sembrare estremamente promettenti e ci ricordano quanto sia importante la ricerca e la sperimentazione, è molto importante ricordare che tali sviluppi non sono ancora a uno stadio tale da risultare una effettiva alternativa alla canonica terapia decongestionante.

Se, infatti, ci sono alcuni casi ben documentati per le prime due terapie, al momento non esiste una propria letteratura medica per la Physiotouch. Per un più pronunciato sviluppo e una più ampia diffusione, dunque, bisognerà ancora aspettare che queste terapie sia verificate e rese accessibili al grande pubblico.

Purtroppo, questo processo è solitamente lungo; non di meno, l’elaborazione di questi metodi alternativi è un rincuorante e tangibile segno di come la ricerca, sebbene con pochissimi fondi e lentamente, stia avanzando sempre più.